
Il filo di seta che unisce l’Oriente all’Occidente. Un’opportunità per tutti se ben sfruttata.
La “Via della Seta” è un percorso commerciale che unisce la Cina all’Europa, passando attraverso tantissimi Paesi. Nel corso di mille anni è stata utilizzata per gli scambi tra le nazioni, facendo in modo che l’economia continuasse a girare. La Cina ha ricavato guadagni enormi dalla Via della Seta ed ha iniziato ad elaborare un piano per riportarla al suo antico splendore.
L’obiettivo è quello di costruire una nuova strada, moderna e fortemente industrializzata, capace di raddoppiare le entrate passate. Ma vediamo nel dettaglio qual è il piano della Cina.
La nuova Via della Seta
Il nome affidato al progetto è ʻOne belt- One roadʼ (Obor) o ʻBelt and Road Iniziativeʼ (Bri). E’ stato annunciato ufficialmente nel 2013 dal presidente Xi Jinping, che ha dichiarato il coinvolgimento di circa il 65% della popolazione mondiale. L’Obor prevede lo stanziamento di investimenti consistenti – una prima stima è di circa un triliardo di dollari – per la costruzione di infrastrutture in grado di semplificare gli scambi commerciali.
Già nel 2014 il governo cinese aveva stanziato 40 miliardi, che si sono poi trasformati in oltre 200 miliardi nel 2020. A differenza della Via della Seta originale, nel nuovo progetto è coinvolto anche il continente africano. Ad esempio, sappiamo che la Cina ha stanziato finanziamenti all’Etiopia, per fare in modo che prendesse parte all’Obor.
La partecipazione dell’Italia
Nel Marzo del 2019 anche l’Italia si è unita al progetto, firmando il Memorandum di intesa con la Cina. L’adesione non è stata accolta positivamente dall’Europa, che ha sempre visto nell’Obor un potenziale nemico. La preoccupazione maggiore è che, una volta costruita la strada, la Cina diventi una potenza inarrestabile, capace di controllare gli scambi commerciali di metà mondo.
Questa è una preoccupazione condivisibile che riteniamo che l’Europa e tutti gli altri paesi interessati possano controllare utilizzando la ‘Via della Seta’ esclusivamente per un scambio commerciale alla pari ed etico, in piena autonomia ed escludendo la presenza in loco nei paesi attraversati, interessi diretti ed indiretti e di strutture operative e non governate dal paese promotore del nuovo progetto.